Scheda del libro
In un flusso travolgente, Anne Akrich ci trascina di fronte alla montagna dei suoi ricordi da scalare (alcuni estremamente dolorosi, altri semplicemente esilaranti), dei suoi pensieri spesso «grigio antracite tendenti al nero ebano», per capire come ci ritroviamo a leggere le spavalde confessioni di una donna, per sua stessa definizione, «vulvocentrica». Il punto di partenza è proprio il sesso delle donne, da cui tutto è cominciato, da cui da sempre tutto comincia. Con una metafora bellica, è la trincea da cui raccontare il campo di battaglia che è diventata oggi la relazione tra donne e uomini, da cui raccontare le storie di guerra e di vendetta che tutti, pure quelli che non lo sanno, devono ascoltare ancora e ancora. In questo libro iconoclasta, in cui la rabbia arrembante si mescola all’umorismo corrosivo, Akrich si spinge con rara audacia a esprimere a voce alta ciò che molte donne confessano solo a sé stesse e che molti uomini si rifiutano perfino di concepire: la centralità del desiderio femminile, l’ambiguità della maternità, le infinite gradazioni dello stupro, l’enorme zona grigia del consenso, il dialogo impossibile tra i sessi, l’importanza delle parole esatte per nominare tutto questo. Un atto ancora necessario – anche dopo decenni di femminismo – a superare la misoginia pervicace e secoli di stereotipi sul sesso, e sul piacere femminile. E se la risata fosse l’arma piú potente per seppellire i nostri sterili antagonismi?