La settimana scorsa le Colette, il gruppo di lettura di Lìbrati, si è riunito per il consueto appuntamento. Abbiamo letto e discusso La vita delle ragazze e delle donne di Alice Munro, pubblicato di recente da Einaudi. Questo romanzo, unico nella produzione munroniana fatta soprattutto di racconti, completa la pubblicazione in italiano dell’opera della Munro, premio Nobel per la letteratura nel 2013.
Durante l’incontro è emerso un accordo quasi unanime tra le partecipanti del gruppo, il romanzo, dalla scrittura elegante e raffinata, racconta la storia di una donna dall’infanzia all’età adulta ed è piaciuto quasi a tutte. La sua è stata definita una narrazione sapiente, Munro sa raccontare la realtà quotidiana, i fatti “piccoli” che talvolta pensiamo che non valga la pena di raccontare, da una prospettiva nuova. Il suo punto di vista è originale e saggio, ma durante l’incontro è stato definito anche “sfrontato” poichè privo di vergogna. La Munro infatti narra la sessualità delle giovani donne con estrema naturalezza, senza pudore. Un plauso alla capacità di raccontare anche le relazioni familiari, su tutti il rapporto madre e figlia.
Ci siamo soffermate molto anche sulla scrittura, sulla capacità di creare immagini brevi ma fulminanti, bastano pochissime parole, un’espressione originale, l’accostamento di parole che vicine suonano solitamente inconsuete, e si spalancano significati. Alice Munro con la sua scrittura crea mondi e anche per questo non possiamo non considerarla una grandissima (e sapiente) scrittrice.
Le Colette sono però un gruppo di lettura tosto, che non si accontenta tanto facilmente. Per questo non possiamo non rendervi partecipi delle critiche che sono emerse rispetto al romanzo. Per alcune è stato difficile identificarsi nei personaggi e nelle storie raccontate, è stato difficile relazionarsi ed entrare nel romanzo, le cui vicende sono parse troppo strane, troppo lontane dalla quotidianità.
Qui di seguito alcune osservazioni di Luciana, una delle partecipanti al gruppo:
Qualcuno ha detto: basta con questa polvere delle distese sconfinate e delle cittadine che raccolgono umani ed animali che le abitano. Ha colto nel segno il senso della fatica dell’ autrice, espressa tra l’altro dal commovente “fanatico” personaggio della madre della protagonista, che percorre in lungo e in largo strade sterrate per piazzare enciclopedie nelle case di contadini odoranti di sudore e di stalla. E’ una scommessa senza speranza, perduta in partenza? Effettivamente delle sconfitte ci sono. La pesantezza della materia, corpo compreso, riporta terra terra le aspirazioni che via via si animano in alcuni personaggi. Un miracolo però avviene, la polvere , attraversata dalla luce della parola preziosa dell’autrice, diventa un pulviscolo d’oro. Che sia il reverendo John Ames di Robinson, il professor Guthrie di Haruf, la madre di Munro ridipinta dagli occhi della figlia, tutti questi personaggi sembrano parlarci dell’attimo in cui la parola prende corpo e il corpo parola, sollevandosi dalla polvere, nel tentativo di un’avventura umana. Se pensiamo come figura e sfondo continuamente si scambino, periferie divengano centri e centri periferie, possiamo ringraziare questo capolavoro che ci ha consentito di guardare dritto e non con la coda dell’occhio questa polvere, almeno per un po’. Perchè comunque i conti con questa realtà non possiamo evitarli.
Il libro scelto per il prossimo incontro, che si terrà a Lìbrati, martedì 22 maggio alle 20:30, è Una donna di Annie Ernaux, pubblicato da L’Orma editore.
Vi ricordiamo che Colette è un gruppo aperto e libero e tutte e tutti sono invitati a partecipare.