Oggi ci viene posta una domanda: “fine della differenza sessuale?”.
Ma che cosa ci stiamo domandando, e che cosa ci viene domandato, oggi, con la domanda “fine della differenza sessuale?”. Qual è l’oggetto di questa domanda, e in che modo tale oggetto è strutturato o compromesso dalla sua stessa presentazione? Prima di rispondere vorrei iniziare dalla condivisione di un timore, di una paura – la paura che dietro a questa domanda si celi un equivoco di fondo; al contempo, non faccio parte di coloro che sono disposti a porre rimedio a questo equivoco tirando rovinosamente al ribasso, e dunque, in fondo, rassicurando chi invece ritiene che la differenza sessuale sia qualcosa di minacciato, o da tutelare, o da valorizzare, o che sia semplicemente folle mettere in discussione.
La mia paura è che ogni qual volta si sollevi la questione dell’esistenza, o della sopravvivenza, della differenza sessuale, e ogni qual volta tale questione venga sottoposta a chi, più o meno, si posizioni o si collochi, o venga collocato, nell’alveo del transfemminismo queer – ogni qual volta si venga richiamat* sulla differenza sessuale, insomma, e il richiamo è di tipo disciplinare, ci si stia implicitamente accusando di essere quasi dei visionari, di mettere in discussione l’esistenza e la materialità di organi interni ed esterni, o di non conoscere le differenze tra questi organi (di recente, una importante esponente del femminismo mi ha accusato, sintomaticamente, di non sapere come nascano i bambini). Al di là del fatto che tali accuse sottintendendano una patologizzazione e al contempo alimentino il privilegio abilista ed etero-riproduttivo, è forse bene ricordare che esistono altri modi di porre la questione della riproduzione, del corpo, e delle differenze tra i corpi, anche al di fuori del lessico della differenza sessuale: esistono altri modi purché si sia disposti a indagare, appunto, quanto l’oggetto coincida con la sua presentazione, o quanto, al contrario, da essa possa, o debba, differire. Con ciò non sto dicendo che l’oggetto possa essere ridotto al modo in cui viene presentato, ma solo che ogni oggetto, e dunque anche la differenza sessuale, per essere leggibile, richiede una presentazione.
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