Scheda del libro
Era il 1978 quando Ore perse. Vivere a sedici anni uscì per la collana Franchi narratori, curata nei primi due anni da Nanni Balestrini e in seguito da Aldo Tagliaferri, di Feltrinelli. Caterina Saviane, l’autrice, aveva diciotto anni e forse, inconsapevolmente, già dimostrava di essere una profonda scaltra giovane narratrice. La lucidità brutale e il sentire profondo di Saviane riflettono quella disillusione e la malinconica rabbia di una generazione di «pellepersa» che si trascina, «aggrovigliata di speranze», mai pronta a ribellarsi a «una tradizione marcia». Immersa nel suo presente, Saviane ha la consapevolezza, «aggrappata a questa insulsa macchina da scrivere», di raccontare e dare un nome ai propri sentimenti e pensieri in cui si riflettono l’irrequietezza emotiva, l’idealismo ardente e l’acutezza d’intelletto che la portano verso uno sfaldamento, una perdita, il vuoto. «La poesia mortale che sento dentro» si esprime in questo susseguirsi e alternarsi di dialoghi, considerazioni, confessioni, ma soprattutto di ricordi, con la frenetica volontà di afferrarli e fissarli nella memoria, sulla pagina. Ore perse è un libro difficile da definire, che si configura fra le opere di prosa poetica forse lontane dalla nostra tradizione letteraria; un diario atemporale in cui si delinea il «movimento ciclico incontenibile», come lo definì Andrea Zanzotto leggendo la Saviane poeta, di una condizione esistenziale complessa, sensibile, irriverente e dolorosa di una ragazza di sedici anni in cui chiunque stia attraversando o abbia attraversato quella «linea d’ombra» potrà ancora riconoscersi.