A Lìbrati accadono sempre tante cose belle e questa ne è un esempio. Questo scritto ci è stato donato da una meravigliosa scrittrice e siamo felicissime di condividerlo con voi!
Conosco Ilaria e Laura il giorno della presentazione del mio libro nella loro Libreria, Lìbrati, in via Barbarigo, dove stava – prima – quella bella bottega dove vendevano orecchini di raffinata fattura che indossi solo quando hai nel cuore la premonizione che qualcosa di bello sta per succedere. Quelli di ambra che non metti mai e, se li accosti al viso con la mano, ti s’appicciano gli occhi come quei gatti di notte che, ti pare di essere sola per strada, e invece loro stanno lì, gemme di luce incastonate in agili corpi tesi all’alba che sta travalicando il segno, perché tanto il sogno, tu, già te lo sei preso accettando quell’appuntamento con la vita. Tenevano pure il laboratorio in questo negozio e, se t’assisteva la grazia in certe mattine (si sente u’ poco poco che sto appresso a Il silenzio del lottatore, di Rossella Milone di cui si parlerà prossimamente in libreria) se l’astuzia fugava la bellezza e ti arrischiavi a impicciare lo sguardo oltre alle creazioni in bella vista nelle vetrinette ti si apriva, come uno squarcio, il miracolo della materia prima in divenire. Vedevi una testa china su mani indaffarate se dio t’accontentava, ma solo se t’alzavi in punta di piedi, fin sopra alle danze che non hai mai danzato perché la musica, dicevano, non la sentivi. Solo se t’attardavi, indugiando negli sguardi di tutti quelli che avevano bisbigliato che non andavi bene puntando le mani su certe spalle larghe che aspettano solo di sorreggerti, facendoti largo come si fa in quelle stazioni affollate dove qualcuno aspetta sempre qualcun altro che non sei tu. Solo allora, se corri il rischio, dietro alle vetrinette trovi Ilaria e Laura, le imprenditrici di Librati, le fondatrici, nonché Libraie. Ilaria è la più grande, lo sarebbe anche se la più giovane non fosse Laura, non per denotare maggiore o minore determinazione, preparazione, solidità, no, semplicemente perché le cose sono come sono, a volte. E basta.
Il giorno della presentazione del libro ricevo più abbracci e baci di quando ho fatto la comunione, qualche tempo fa, penso che – tutto sommato – queste presentazioni un vantaggio lo tengono, alla fine. Le persone presenti quel giorno, sì, quasi tutte donne, mi schiudono al prodigio del contatto e della parola e il calore supera l’imbarazzo, il battito del loro cuore sovrasta la mia tachicardia. Tutte, tutte quante, prima di abbracciarmi mi domandano se possono farlo e mi convinco che sì, è molto meglio di qualunque altra funzione religiosa in cui sei primo attore, sta presentazione di libro dove ti chiedono se possono baciarti. Viene pure voglia di scriverne un altro subito per tornare lì il giorno dopo e farmi riabbracciare. Una signora mi domanda, tenendomi dolcemente la mano che mi ha stretto, se non sia – la mia scrittura – un modo per ‘oppormi’ alla solitudine, mi dice che vede tanta tristezza nel mio sguardo e che lei sarebbe disponibile a ‘rinunciare’ alla scrittrice pur di sapermi meno sola. In pratica mi dice: “se scrivi così per sublimare la solitudine… mollala la scrittura, purché tu sia felice”.
A Lìbrati il regalo non è stato – non solo – il giorno della presentazione ma quello che ne è venuto dopo: gli incontri casuali in libreria con donne che mi ascoltano, con cui posso parlare senza quasi provare paura sentendo la mia voce, anche. Io non ho grandissime esperienze (belle) di vita, però quest’anno ho trascorso, di fatto, il Natale con Ilaria e Laura e le donne che passano ‘per una chiacchierata’, per un saluto, una parola. Vorrei sottoscrivere una campagna nazionale per il ritorno delle festività che, a 43 anni suonati, sono state una festa vera quest’anno.
Non ero e non sono sola. A volte serve dire grazie.
Padova, 7 febbraio 2016
Barbara Buoso